Teologia comparata – Lezione 1

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Nozioni di teologia islamica

Introduzione

La scienza che si occupa dello studio dei principi del credo viene chiamata kalam, normalmente tradotto come teologia, anche se questo termine non è il più adatto in quanto il kalam è una scienza più ampia rispetto alla teologia.

Il kalam viene definito come “la scienza che spiega i principi del credo, li dimostra e risponde a eventuali critiche e dubbi riguardo ad essi”.

Che cos’è la religione?

I principi dottrinali del credo islamico sono chiamati anche “pilastri della religione”. Prima di entrare nel merito dell’argomento, è necessario spiegare brevemente cosa intendiamo per “religione”.

La parola araba din, tradotta in italiano “religione”, letteralmente significa “obbedienza e ricompensa”, tuttavia il suo significato tecnico, nella terminologia delle scienze islamiche, è “credere in un Creatore dell’universo e in norme pratiche conformi a questo credo”, quindi coloro i quali credono che non esista un Creatore e che l’universo sia venuto a formarsi in seguito a un processo di reazioni fra elementi o a teorie simili, non vengono considerati seguaci di una religione. Invece coloro che credono nell’esistenza di un creatore, anche se si basano su principi dottrinali alterati e deviati oppure i loro riti di adorazione si sono mescolati con superstizioni, vengono considerati seguaci di una religione. È in base a questa definizione che possiamo suddividere le religioni in vere e false. La teologia islamica afferma che la vera religione presenta principi dottrinali corretti e corrispondenti alla realtà, e altresì propone e favorisce norme di comportamento che si percepiscono essere valide e corrette.

I principi e i rami della religione

In base alla succitata definizione di religione, il kalam afferma che ogni religione può essere suddivisa in due parti:

  • I principi dottrinali del credo che sono le basi e le radici
  • Le norme pratiche conformi ai principi del credo

È per questo che i primi vengono chiamati “pilastri” e le seconde “rami” della religione, questi due termini vengono in particolare utilizzati per i principi del credo islamico e per le norme pratiche.

Visione metafisica e materialista dell’universo

Esistono differenti tipi di visioni dell’universo, che possono essere suddivisi, in base al credo o alla negazione del mondo metafisico, in visione metafisica dell’universo e visione materialista del mondo.

Le religioni celesti e i loro pilastri

Storici delle religioni, antropologhi e sociologi hanno espresso varie teorie riguardo al come siano nate le religioni e il credo religioso. Da un punto di vista islamico, la religione si è manifestata con la creazione del primo uomo, Adamo, profeta di Dio, il quale invitò al monoteismo e all’adorazione di un unico Dio, e le altre religioni politeiste sono il risultato di alterazioni e deviazioni promulgate da individui o gruppi per favorire i propri interessi e piaceri.

Le religioni monoteistiche, che chiameremo anche celesti, condividono tre pilastri: il credo in un Dio unico; il credo in una vita ultraterrena ed eterna, nonché in una ricompensa/punizione determinate dalle azioni compiute in questo mondo; il credo in individui, i profeti e le guide, investiti da Dio per guidare l’umanità verso la perfezione e la beatitudine terrena ed ultraterrena.

Questi tre pilastri sono in realtà la risposta alle tre domande che ogni essere umano capace di intendere si pone:

Come è iniziato tutto ciò che esiste?

Qual è il fine ultimo di tutto ciò che esiste?

Come si può conoscere la miglior linea di condotta da seguire per vivere?

Quest’ultima può essere conosciuta attraverso la rivelazione, che dà forma all’ideologia religiosa, la quale a sua volta si basa su una visione metafisica dell’universo.

Questi principi fondamentali portano a ulteriori dettagli e conseguenze che nel complesso danno forma al sistema dei principi del credo di una religione. Tra le religioni e le denominazioni all’interno di una stessa religione esistono delle differenze in questi dettagli, pertanto i cristiani hanno una visione trinitaria di Dio, visione che differisce da quella ebraica o islamica; oppure il metodo di stabilire il successore del Profeta Muhammad costituisce la principale differenza tra sunniti e sciiti all’interno della religione islamica.

Nel kalam si afferma quindi che l’unicità di Dio, la profezia e il credo nell’Aldilà sono i pilastri principali di tutte le religioni celesti, ci sono poi alcuni pilastri subordinati a quelli principali che, per la loro importanza, vengono annoverati tra i pilastri di quella particolare denominazione o religione. Pertanto la giustizia divina, che in realtà è parte del credo in un Dio unico, e l’Imamato, che è in realtà subordinato al credo nella profezia, sono gli altri due pilastri subordinati a quelli principali nell’Islam sciita, di cui tratteremo la visione teologica in questo corso.

Perché sentiamo la necessità di ricercare una religione da seguire?

L’essere umano ha una tendenza intrinseca a conoscere le realtà che lo circondano, ciò è chiaramente visibile fin dall’infanzia e prosegue fino alla vecchiaia.

Questo stimolo a ricercare la verità, o curiosità come viene a volte definito, porta l’essere umano a porsi domande riguardo ai temi trattati dalla religione e, pertanto, ad andare alla ricerca della religione vera, per esempio:

Esistono enti immateriali? Esiste un creatore? La vita dell’essere umano è limitata solo a questa vita materiale o ci sarà una vita anche dopo la morte? Se esiste una vita dopo la morte, esiste un legame tra questa vita e l’aldilà? Se esiste un legame, di che tipo di legame si tratta? Quali enti e fattori terreni influenzano la vita ultraterrena? Come possiamo conoscere la linea di condotta corretta per gestire la nostra vita, che possa garantire la felicità in questo mondo e la beatitudine nell’altro?

Pertanto questo stimolo a ricercare la verità è il primo fattore che spinge l’essere umano a conoscere il mondo intorno a sé e in particolare a porsi domande riguardo alle questioni religiose e a ricercare la religione vera. Un altro fattore, che rafforza lo stimolo dell’essere umano a conoscere le realtà che lo circondano, risiede nella necessità di soddisfare i suoi bisogni, anche quelle materiali. Se la religione può favorire una conoscenza corretta di ciò di cui l’essere umano può usufruire e di ciò che è di suo interesse ed informarlo di quello che può eventualmente nuocergli, anche questo fattore lo spingerà a studiare la religione.

È possibile che l’essere umano sia più propenso a studiare e cercare di risolvere le questioni più semplici e chiare, piuttosto di dedicarsi a quelle che potrebbero sembrare complicate questioni della religione e il cui risultato spesso non può essere dimostrato empiricamente.

Per tale motivo è fondamentale dimostrare l’importanza delle questioni e degli argomenti trattati dalla religione, anzi affermeremo che in realtà nessun’altra questione è più degna di essere analizzata e ricercata delle questioni religiose.

Vogliamo ricordare che molti psicologi e psichiatri sostengono che l’istinto di adorare una divinità sia un istinto a sé, la cui radice viene chiamata “senso religioso” e viene considerata una delle dimensioni dello spirito umano. È dimostrato infatti che questo istinto è sempre stato presente tra gli esseri umani. Tuttavia non significa che questo istinto sia sempre vivo e che l’essere umano ne sia consapevole, al contrario, a causa di fattori ambientali ed educativi sbagliati, rimane spesso celato e inattivo, oppure guida nella direzione sbagliata, come d’altronde anche gli altri istinti possono fare.

In base a questa teoria esistono pertanto uno stimolo e un istinto indipendenti che ci spingono a fare delle ricerche in ambito religioso, non è quindi necessario dimostrare per altre vie che l’essere umano è intrinsecamente portato a ciò.

Questa teoria è anche dimostrata da alcuni versetti e hadith che attestano come la religione sia un elemento intrinseco nell’essere umano, tuttavia poiché potrebbe rimanere celato o inattivo, alcuni individui potrebbero esserne inconsapevoli e quindi negarlo in loro stessi.

L’importanza della ricerca nei temi religiosi

Abbiamo chiarito che, da una parte, l’istinto naturale a conoscere le realtà che ci circondano e, dall’altra parte, la necessità di soddisfare i propri interessi ed evitare i danni ci stimolano a riflettere e a cercare di conoscere le realtà. Quindi quando veniamo a sapere che nell’arco della storia dell’umanità ci sono stati individui importanti che hanno dichiarato di essere stati inviati dal Creatore dell’universo per guidare l’umanità verso la felicità in questo mondo e nell’altro e, nel comunicare questo messaggio e guidare l’umanità, hanno compiuto tutti gli sforzi possibili e sopportato ogni tipo di difficoltà, mettendo anche a rischio la propria vita, un individuo, stimolato dai fattori che abbiamo menzionato, sarà portato a svolgere maggiori ricerche riguardo alla religione e a ciò che i profeti hanno affermato, per vedere se è supportato da sufficienti prove oppure no. Soprattutto quando viene a conoscenza del fatto che il loro messaggio porta la lieta novella di una vita eterna nella beatitudine o l’ammonizione della dannazione, in altre parole accettare l’invito dei profeti potrebbe portare a un possibile vantaggio infinito e il rifiutarlo a un probabile danno senza fine. Una persona con quali scuse potrebbe allora rifiutarsi di indagare i temi religiosi?

Trovandoci tuttavia in un’epoca in cui gli individui sono alla ricerca delle comodità e di una vita che non richieda troppi impegni e sforzi, o essendo molte persone riluttanti a seguire una religione per i limiti che normalmente impone, è possibile che molti non si preoccupino di fare ricerche.

Tuttavia queste persone dovranno rendersi conto delle conseguenze di una scelta di questo tipo, come un bambino che per paura di dover prendere una medicina non accetta di essere accompagnato dal medico, con la differenza che un bambino non ha ancora raggiunto una maturità sufficiente per capire le conseguenze del suo gesto, mentre un uomo adulto è in grado di capire la differenza tra il godimento effimero di certi capricci terreni e un’eventuale dannazione eterna.

Risposta a una critica

È possibile che qualcuno sostenga che è lodevole impegnarsi nella risoluzione di certe questioni solo se c’è una buona probabilità di poterle risolvere, tuttavia non vi è molta speranza di poter risolvere le questioni religiose e di giungere a risposte certe, pertanto è preferibile dedicare le proprie energie e il proprio tempo a temi che hanno maggior probabilità di arrivare a una conclusione certa.

In risposta a questa affermazione, possiamo sostenere i seguenti punti:

  1. Prima di tutto anche molte questioni empiriche hanno richiesto decine di anni di esperimenti e studi per poter essere risolte, pertanto non sono meno complesse dei temi religiosi.
  2. Quando si parla di probabilità, dobbiamo anche prendere in considerazione quello che c’è in gioco; se in una transazione di tipo economico c’è il 5% di probabilità di avere successo e un guadagno di un milione di euro e in un’altra transazione il 10% di probabilità di successo, ma un guadagno di centomila euro, è ovvio che siamo più spinti a tentare la prima transazione anche se la probabilità di successo è minore, ma il guadagno dieci volte maggiore del secondo! Ora, per quanto riguarda la religione, il guadagno è infinito e per piccola che possa essere la probabilità di successo, vale comunque la pena di indagare i temi religiosi, a meno che l’essere umano non arrivi alla conclusione certa che la religione sia dannosa o i suoi temi irrisolvibili, ma chi mai potrebbe arrivare a una conclusione simile con certezza?

Con questa semplice spiegazione il kalam dimostra la necessità di analizzare i temi religiosi e di trovare la religione vera, spiegazione basata sul bisogno dell’essere umano di conoscere ciò che gli porta benefici e ciò che lo danneggia, istinto che ogni essere umano possiede per natura.

Dimostreremo ora lo stesso concetto con delle premesse più precise, la cui conclusione sarà che se l’essere umano non s’impegna a conoscere la visione dell’universo e l’ideologia corrette, non potrà raggiungere la perfezione.

Questa argomentazione si fonda su tre premesse:

  1. L’essere umano è una creatura alla ricerca della perfezione.
  2. La perfezione può essere raggiunta attraverso le azioni volontarie ed è l’intelletto che stabilisce quali compiere.
  3. Su quali basi e norme l’intelletto decida di compiere determinate azioni volontarie dipende dalla sua conoscenza e visione di tre questioni principali, che abbiamo detto costituiscono i tre principi della religione: da dove proviene (conoscenza di Iddio), dove va (conoscenza dell’Aldilà) e quale guida seguire nella sua vita (conoscenza delle guide divine).

Segue la spiegazione di ognuna di queste premesse.

L’essere umano è alla ricerca della perfezione

La ricerca della perfezione è un aspetto intrinseco dell’essere umano, ognuno di noi, osservando se stesso e il proprio comportamento, vedrà questa tendenza che lo porta a migliorarsi, a nascondere o correggere i propri difetti. La ricerca della perfezione se indirizzata verso la sua meta corretta e naturale, permette all’individuo di edificare se stesso, se invece è indirizzata verso un sentiero sbagliato potrebbe portare a bigottismo, egocentrismo, narcisismo e -ismi simili.

Quindi la ricerca della perfezione è un fattore intrinseco molto forte e, con un po’ di attenzione, l’individuo comprenderà che praticamente tutto quello che svolge è finalizzato ad essa.

La perfezione si raggiunge seguendo l’intelletto

L’essere umano, grazie alla sua mente, può allargare le proprie conoscenze e, in base ad esse, l’intelletto sceglie quali azioni volontarie compiere. Inoltre le necessità dell’essere umano non si limitano solo ai bisogni di tipo terreno e fisico, ma comprendono anche quelli spirituali.

Le decisioni dell’intelletto scaturiscono dalle conoscenze

L’intelletto può valutare le azioni volontarie dell’individuo e stabilire quali lo avvicinano alla perfezione solo qualora conosca le dimensioni della perfezione umana, gli aspetti della realtà dell’essere umano, in altre parole deve conoscere le dimensioni esistenziali dell’essere umano e lo scopo della sua creazione. Queste questioni sono direttamente legate ai tre principi della religione che abbiamo menzionato in precedenza, infatti l’individuo deve sapere qual è la sua meta e come raggiungerla, altrimenti l’intelletto non sarà in grado di indirizzarlo verso il sentiero e le azioni che lo conducono alla perfezione.

Conclusione

L’essere umano è intrinsecamente portato a cercare la perfezione, la quale può essere raggiunta solo compiendo azioni volontarie conformi al raggiungimento di questa perfezione. Per sapere quali azioni sono conformi e lo avvicinano alla perfezione, deve prima di tutto sapere in che cosa consiste tale perfezione, e per conoscerla deve conoscere le dimensioni della sua esistenza e il legame fra le sue azioni e il raggiungimento della perfezione, tematiche trattate nei principi della religione. È pertanto necessario che l’essere umano sia alla ricerca delle conoscenze corrette riguardo a questi temi. Colui che non è alla ricerca di queste conoscenze corrette (la vera religione) oppure, dopo averne attestata la veridicità, le rifiuta per poter godere di piaceri effimeri, spreca in realtà quelle potenzialità che gli avrebbero permesso di raggiungere la perfezione umana.

Come risolvere le questioni che portano l’essere umano alla perfezione?

A questo punto l’individuo si domanda come poter risolvere questi temi e trovare una risposta ai suoi quesiti: da dove proviene, qual è la sua meta e come raggiungerla? Quale tipo di conoscenza gli fornirà delle risposte?

Le conoscenze possono essere categorizzate in vari modi a seconda del criterio di categorizzazione. Per esempio un tipo di suddivisione consiste di quattro tipi:

  1. Conoscenza empirica: è la conoscenza che si ottiene attraverso i sensi, dove la mente ha il ruolo di analizzare ed elaborare i dati che provengono dai cinque sensi. È il tipo di conoscenza utilizzata in scienze come la fisica, la chimica e la biologia.
  2. Conoscenza mentale: è la conoscenza che si ottiene attraverso l’elaborazione dei dati svolta dalla mente e che normalmente consiste di concetti astratti. È il tipo di conoscenza utilizzata in logica, filosofia e matematica.
  3. Conoscenza pedissequa: è la conoscenza che si ottiene da un’“autorità” attraverso una fonte veritiera, ed è il tipo di conoscenza che offrono le guide religiose.
  4. Conoscenza presenziale: è il tipo di conoscenza diretta dell’oggetto di conoscenza, al contrario di tutti i tipi precedenti, dove la conoscenza delle cose si ottiene tramite concetti. Questo tipo di conoscenza, proprio perché diretta, è immune da errori, tuttavia spesso nell’irfan, che si vanta di possedere questo tipo di conoscenza, si attua un’esegesi mentale delle percezioni presenziali, che può rivelarsi imprecisa o sbagliata.

Ognuna di queste conoscenze ci offre un particolare tipo di visione dell’universo:

  1. La visione scientifica ed empirica del mondo, basata sui dati offertici dalle scienze empiriche.
  2. La visione filosofica del mondo, che si ottiene per mezzo di argomentazioni di tipo mentale e filosofico.
  3. La visione religiosa del mondo, risultato degli insegnamenti delle guide religiose.
  4. La visione irfanica (gnostica) del mondo per mezzo delle percezioni presenziali di tipo irfanico.

Analisi

È ora il momento di chiederci: quale tipo di conoscenza ci permette di risolvere le tre questioni principali di cui abbiamo parlato e che il kalam afferma essere i principi della religione?

La conoscenza di tipo empirico, proprio perché limitata al mondo tangibile e ai fenomeni di tipo naturale e fisico non può aiutarci, poiché queste tematiche non sono di questo tipo, per esempio la conoscenza empirica non può negare o dimostrare l’esistenza di Dio, poiché non ha accesso alla conoscenza degli enti metafisici, pertanto la visione dell’universo che ci offre una conoscenza di tipo empirico non è completa e in realtà il massimo che si può affermare è che riguarda la visione dell’universo materiale.

La conoscenza che si ottiene attraverso gli insegnamenti delle guide religiose ha valore subordinato, nel senso che è necessario prima di tutto dimostrare la veridicità e l’affidabilità delle fonti e degli insegnamenti. Quindi è necessario prima di tutto dimostrare che un profeta è veramente tale per potersi fidare dei suoi insegnamenti e, prima ancora, bisogna dimostrare l’esistenza di un dio che affida la missione di guida a questo profeta. È chiaro che il fatto che un individuo è un profeta o che Dio esiste non può essere dimostrato attraverso gli insegnamenti religiosi, cioè non sarebbe per esempio accettabile affermare: “Dio esiste perché lo dice il Corano” o “Muhammad è un profeta perché lo dice il Corano”. Certamente dopo aver dimostrata l’esistenza di Dio – la necessità di un messaggero, la profezia di Muhammad e così via – anche gli altri insegnamenti potranno poi essere accettati e considerati validi. Pertanto anche la conoscenza che deriva dagli insegnamenti religiosi non ci aiuta, almeno come primo approccio, a risolvere le tre questioni principali che stiamo affrontando.

Per quanto riguarda la conoscenza di tipo irfanico e presenziale, è necessario fare alcune osservazioni:

  1. La visione dell’universo è una conoscenza fatta di concetti, tuttavia abbiamo affermato che la conoscenza di tipo presenziale non è fatta di concetti, ma è una conoscenza diretta delle cose.
  2. Riportare ciò che si conosce attraverso la testimonianza di tipo presenziale sotto forma di concetti, necessita di una particolare abilità che se non si possiede, comporta il rischio di comunicare messaggi sbagliati.
  3. L’interpretazione delle percezioni di tipo presenziale è a volte difficile e confusa per l’individuo stesso, quindi ancora più complessa da spiegare e far comprendere a un osservatore esterno.
  4. In realtà una conoscenza di tipo presenziale delle cose e degli enti che ci circondano è possibile solo per colui che sta già affrontando un sentiero di tipo spirituale e ha quindi già delle risposte per le tre questioni che stiamo trattando.

In conclusione possiamo affermare che inizialmente, per poter dare delle risposte alle tre questioni principali, dobbiamo fare riferimento alla conoscenza di tipo mentale e alla visione filosofica dell’universo. Tuttavia questo non significa che dobbiamo dare una risposta a tutte le questioni che compongono la nostra visione dell’universo in modo filosofico, ma semplicemente che prima di tutto è necessario dimostrare in modo razionale temi quali l’esistenza di Dio, la necessità di una guida e così via. Ciò non esclude che per risolvere alcuni temi non si utilizzino altre conoscenze; vedremo infatti come in alcune argomentazioni, come premesse, utilizzeremo conoscenze di tipo diretto e presenziale oppure empirico e, una volta dimostrati i temi principali, potremo fare riferimento agli insegnamenti del Corano e degli hadith. Questo permetterà in seguito di intraprendere un sentiero di tipo spirituale e irfanico che porterà il viaggiatore spirituale ad essere testimone in modo presenziale di ciò che prima conosceva solo come concetti.