Differenti approcci alla spiritualità

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Differenti approcci alla spiritualità

Hujjatulislam Mohammad ‘Ali Shomali

Altrove (1) abbiamo analizzato i differenti approcci metodologici dei sapienti musulmani rispetto alla spiritualità. In questo articolo studieremo le modalità con cui il Corano e gli ahadith hanno trattato il processo di edificazione di se stessi e descritto gli sforzi e la lotta dell’essere umano per raggiungere pietas e spiritualità.

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1. La spiritualità come combattimento contro sé stessi:

In accordo a questo approccio, l’edificazione di se stessi è una lotta interiore contro il nemico interno. In un ben conosciuto e illuminante hadith, leggiamo che una volta, a Medina, il Profeta Muhammad (S) vide un gruppo di suoi Compagni che ritornava da una battaglia vittoriosa. Il Santo Profeta disse:

«عَن موسیَ بنِ جَعفَر عَن أبَائِهِ (ع) قالَ قالَ أَمیرُالمُؤمِنینَ (ع) إِنَّ رَسُولَ اللهِ (ص) بَعَثَ سَرِیَّةً فَلَمَّا رَجَعُوا قَالَ مَرحَباً بِقَومٍ قَضَوُا الجِهَادُ الأَکبَرُ قَالَ جِهَادُ النَّفسِ»

Ben fatto! Benvenuti a coloro che hanno completato la lotta minore e verso cui incombe ancora la lotta maggiore.” Venne chiesto al Messaggero di Dio: “Qual è la grande lotta?” Egli rispose: “Il combattimento con sé stessi.” (2)

I Compagni avevano sconfitto i loro nemici in una difficile battaglia ed erano preparati ad offrire la cosa per loro più cara, la propria vita, per difendere l’Islam. Essi rimasero sorpresi e sbalorditi nel constatare che vi fosse qualcosa di più grande di ciò. Il Santo Profeta replicò: ‘Jihad al-nafs’. Che significa combattere contro sé stessi, lottare con il proprio stesso io.

In un ben conosciuto hadith Abu Dharr chiese al Profeta Muhammad (S): ‘Quale lotta è migliore?’ Il Santo Profeta (S) rispose:

«إنَّ یجاهد الرجل نفسه و هواه»

“La lotta contro sé stessi e la lussuria”. (3)

Il legame dell’edificazione di se stessi con la lotta interiore trova in realtà origine nello stesso Corano. Per esempio, il Corano dice:

«وَ مَن جاهَدَ فإِنّما یُجاهِدُ لَنَفسِهِ إِنَّ اللهَ لَغَنِیٍّ عَنِ العالَمین»

“E chi lotta, è per se stesso che lotta. Ché in verità Iddio basta a Se stesso, non ha bisogno del creato.” (29:6)

In accordo a molti esegeti del Corano, questa lotta o battaglia (jihad) qui menzionata è un jihad spirituale. Vi sono due principali dimostrazioni che essi presentano per dimostrare ciò. In primo luogo, l’utilizzo del termine “se stesso” (li nafsihi): questo è significativo perché in una guerra il soldato combatte per una causa; per gli oppressi, per la dignità dell’Islam o per la sua nazione. Comunque questo versetto menziona la causa come “sé stessi”. In secondo luogo, prima di questo versetto Dio dice:

«مَن کانَ یَرجُوا لِقاءَ اللهِ فَإِنَّ أَجَلَ اللهِ لآتٍ وَ هُوَ السّمیعُ العَلیم»

“Chi spera di incontrare Iddio [sappia che] in verità, il termine di Dio si avvicina. Egli è Colui che tutto ascolta e conosce.” (29: 5)

Anche questo concetto di “incontro con Dio” [liqa’ Allah] è spirituale ed è quindi in armonia con il versetto seguente, poiché il 29: 6 riguarda il jihad con sé stessi, ed anche questo è un concetto spirituale. Certamente ciò non sottintende che questo versetto escluda il jihad militante, ma che includa anche quello spirituale.

Anche i seguenti versetti si riferiscono al jihad spirituale, sebbene possano includere il jihad militante, giacché anche il jihad militante necessità della purità di intenzioni e dell’anima:

«…وَجَاهِدُوا فِي اللَّهِ حَقَّ جِهَادِهِ»

“Lottate per Iddio come Egli ha diritto [che si lotti].” (22:78)

«وَالَّذِينَ جَاهَدُوا فِينَا لَنَهْدِيَنَّهُمْ سُبُلَنَا وَإِنَّ اللَّهَ لَمَعَ الْمُحْسِنِينَ»

“Quanto a coloro che fanno uno sforzo per Noi, li guideremo sulle Nostre vie.” (29:69)

Combattere un nemico interno costituisce la grande lotta perché è più difficoltosa. Quando un nemico si trova al proprio interno è più pericoloso e più difficile da sconfiggere. Una guerra civile interna è più difficoltosa di una guerra contro un nemico esterno, straniero, ai confini. E’ molto più difficile espellere qualcuno che ha occupato la nostra casa piuttosto che respingere qualcuno che è all’esterno. Se il nostro nemico è interno a noi stessi egli conosce allora tutti i nostri segreti. E’ consapevole dei nostri punti forti e dei nostri punti deboli e sa esattamente come ‘giocare’ con noi. Un nemico interno è sempre con noi e ci segue senza sosta. Con un nemico esterno possiamo essere in grado di negoziare un cessate il fuoco, ma con un nemico interno la lotta prosegue giorno e notte, incessantemente. E sfortunatamente noi amiamo ed ammiriamo questo nemico perché è la nostra stessa anima. Essa è responsabile di così tante cattive cose ma noi continuiamo ancora ad amarla. Si tratta quindi di una battaglia molto difficile e complessa. Dobbiamo esser realmente determinati e pienamente vigili. Dio deve quindi essere misericordioso con noi se vogliamo vincere questa battaglia.

Dobbiamo sapere che, nonostante tutte le sfide da affrontare in questa lotta, alla fine non è così difficoltosa. Dio guiderà e la renderà facile a coloro che vogliono combatterla sinceramente. E’ molto importante che quando conosciamo qualcosa, la mettiamo poi in pratica. Se noi mettiamo in pratica la nostra conoscenza, Dio ci darà allora conoscenza di cose che non conoscevamo. Se mettiamo in pratica le piccole cose che conosciamo, ciò illuminerà il sentiero davanti a noi.

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2. La spiritualità come medicina

Un altro approccio è considerare la spiritualità come un tipo di medicina per la nostra anima o spirito. I problemi spirituali sono descritti come malattie e noi dobbiamo curare noi stessi con medicine spirituali. Siamo pazienti che hanno bisogno di cure e necessitiamo di medicine. Proprio come i nostri corpi, anche le nostre anime possono ammalarsi. Sfortunatamente la più difficile tipologia di malattia è quella di cui noi soffriamo profondamente dentro di noi. In dodici versetti il Corano parla riguardo un gruppo di persone che soffrono di “malattia nei loro cuori.” Questa malattia può essere accentuata da Dio perché essi non vogliono curarsi e persistono nella loro malattia. Per esempio, leggiamo:

«فِي قُلُوبِهِم مَّرَضٌ فَزَادَهُمُ اللّهُ مَرَضًا»

“Nei loro cuori c’è una malattia e Iddio ha aggravato questa malattia.” (2: 10)

Il Corano parla anche riguardo cuori che sono sani e puri:

« وَلَا تُخْزِنِي يَوْمَ يُبْعَثُونَ  يَوْمَ لَا يَنفَعُ مَالٌ وَلَا بَنُونَ  إِلَّا مَنْ أَتَى اللَّهَ بِقَلْبٍ سَلِيمٍ»

“E non coprirmi di abominio nel Giorno in cui [gli uomini] saranno resuscitati, il Giorno in cui non gioveranno né ricchezze, né progenie, eccetto per colui che verrà a Dio con cuore puro”.  (26:87-89)

Questa è l’invocazione del Profeta Abramo (A). Nei versetti (37: 83-84), Dio ci informa che questa richiesta è stata esaudita: “In verità Abramo era certamente uno dei suoi seguaci, quando si accostò al suo Signore con cuore puro.”

Noi dobbiamo quindi comprendere che avere un cuore puro e sano è di tale importanza che qualcuno come il Profeta Abramo (A), il padre di tutte le religioni monoteiste, chiese proprio questo a Dio. Questa è perciò l’unica cosa che sarà utile nel Giorno del Giudizio quando né figli né soldi ci saranno di beneficio. Nel “Nahj al-Balaghah”, sermone 388, l’Imam ‘Ali (A) dice:

«أَلَا وَ إِنَّ مِنَ البلَاءِ الفَاقَةَ وَ أَشَدُّ مِنَ الفَاقَةِ مَرَضُ البَدَنِ وَ أَشَدُّ مِن مَرَضِ البَدَنِ مَرَضُ القَلب»

Una delle catastrofi che possono accadere ad una persona è la povertà, ma più difficoltosa ancora della povertà è la malattia. E ancora più difficoltosa della malattia del corpo è la malattia del cuore.’

Quindi il peggior tipo di povertà è soffrire della mancanza di pietas. Anche il concetto di medicina è un argomento connesso molto importante. L’Imam ‘Ali (A) dice nel suo “Sermone dei Pii” (Khutba 193).

«أَمَّا الَّیلَ فَصافُّونَ أَقدَامَهُم تَالیِنَ لِأَجزَاءِ القُرآنِ یُرَتَّلُونَهَا تَرتِیلاً یُحَزَّنُونَ بِهِ أَنفُسَهُم وَ یَستَثیرُونَ بِهِ دَوَاءَ دَائِهِم»

[Le persone pure sono] coloro che si alzano e recitano il Corano di notte, e cercano di rendere sé stesse tristi. Essi cercano di trarre dal Corano la cura come medicina per le loro malattie.” (4)

L’Imam Baqir (A) disse a Jabir b. Yazid al-Ju’fi:

«وَ اعلَم أَنَّهُ لَا عِلمَ کَطَلَبِ السَّلَامَةِ وَ لَا سَلَامَةَ کَسَلَامَةِ تاقَلب»

E sappiate che non vi è conoscenza simile al cercare la salute, e non vi è salute simile alla salute dell’anima.” (5)

Nel caso della medicina spirituale, il più importante aspetto è cercare di impedire alle malattie di penetrare nelle nostre anime, nello stesso modo in cui cerchiamo di mantenerci distanti da gente malata, così che la malattia non ci contagi; stare loro vicini mette in pericolo la nostra stessa salute. Ci sono comunque cure per le nostre malattie, in quanto Iddio è il più Clemente. Noi necessitiamo inoltre di una guida che può mostrarci cosa fare e come prevenire o curare la nostra malattia. Una delle bellissime caratteristiche che l’Imam ‘Ali (A) menziona riguardo al Santo Profeta (S) è che egli era un dottore, ma non aspettava la gente malata; era piuttosto lui a recarsi da loro, portando il necessario con sé.

«طَبیبٌ دَوَّارٌ بِطِبِّهِ قَد أَحکَمَ مَرَاهِمَهُ وَ أَحمَی مَوَاسِمَهُ یَضَعُ ذَلِکَ حَیثُ الحَاجَةُ إِلَیهِ مِن قُلُوبٍ عُميٍ وَ آذَانٍ صُمٍّ وَ أَاسِنَةٍ بُکمٍ مُتَتَبِّعٌ بِدَوَائِهِ مَوَاضِعَ الغَفلَةِ وَ مَوَاطِنَ الحَیرَة»

Il Profeta era simile ad un medico errante che ha pronti i suoi unguenti e prepara i suoi strumenti. Egli li usa ovunque vi è bisogno di curare cuori ciechi, orecchie sorde e lingue mute. Egli curava con i suoi medicinali le macchie della negligenza ed i luoghi della perplessità” (6).

Vi erano persone che erano sorde, cieche o che non testimoniavano la verità, e il Santo Profeta (S) utilizzava la medicina appropriata per curarli. Anche l’Imam Mahdi (AJ), che è l’Imam del nostro tempo, possiede un ruolo significativo; e se Dio acconsente, potremmo ricevere guida e guarigione da lui.

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3. La spiritualità come viaggio

Nella letteratura islamica, la spiritualità è descritta anche come un viaggio. Dobbiamo pensare a noi stessi come a dei viaggiatori. Abbiamo intrapreso tutti un viaggio lontani da Dio e poi a Lui torneremo. Siamo stati tutti creati da Dio e questa creazione è una sorta di separazione dalla nostra origine. Prima di essere creati non eravamo separati da Dio, ma adesso lo siamo. Comunque Dio ci ha dato la possibilità di ritornare a Lui. Il Corano dice:

«إِنَّا لِلّهِ وَإِنَّا إِلَيْهِ رَاجِعونَ»

“In verità apparteniamo a Iddio e a Lui ritorneremo” (2: 156)

Quando partiamo, la nostra destinazione è chiara. Ma per raggiungere la nostra destinazione dobbiamo esser molto attenti alla direzione. Se siamo sulla strada giusta, raggiungeremo certamente la nostra meta. Ma se ci troviamo sul sentiero sbagliato, non raggiungeremo la nostra destinazione e forse ce ne allontaneremo sempre più. Non ci troviamo in una posizione statica o fissa. Ogni giorno ed ogni ora siamo in movimento e ci allontaniamo o avviciniamo alla nostra meta. Il Glorioso Corano dice:

«يَا أَيُّهَا الْإِنسَانُ إِنَّكَ كَادِحٌ إِلَى رَبِّكَ كَدْحًا فَمُلَاقِيهِ»

“O uomo che aneli al tuo Signore, tu Lo incontrerai.” (84:6)

Avendo letto questo versetto, alcuni possono pensare che non vi sia nulla da temere poiché proveniamo tutti da un buon posto e andiamo verso una buona destinazione. Ma il nostro stato quando incontreremo Dio è di massima importanza. Vi sono due stati per raggiungere Dio: raggiungerLo mentre Egli è compiaciuto di noi o raggiungerLo mentre Egli è adirato con noi. Gli esseri umani sono tra quelle pochissime creature i cui livelli di perfezione non sono fissi, ovvero essi hanno la capacità di innalzare o degradare sé stessi.

Quindi il viaggio spirituale consiste nel cercare di aumentare la nostra vicinanza e prossimità a Dio. Dobbiamo notare come Dio sia sempre vicino a noi, ma noi non siamo necessariamente vicini a Lui. Possiamo raggiungere una posizione in cui diventiamo sempre più vicini a Dio attraverso la purificazione di noi stessi e, come suggerito dal Glorioso Corano, “incontrarLo”. Gli gnostici normalmente parlano della possibilità di abbandonare il nostro ego, limiti e barriere e poi annullarsi in Dio. Qui non commento questo concetto, ma appare in ogni caso ovvio che possiamo avvicinarci sempre più a Dio finché nulla rimarrà tra noi e Lui e questo è quello che noi intendiamo per “ritornare a Dio”.

Questa vita è quindi un viaggio e non possiamo dire che è un cammino che non vogliamo percorrere. Siamo tutti impegnati in questo viaggio ed è nostra responsabilità raccogliere le necessarie provviste per noi stessi. Uno dei principali obiettivi dell’edificazione di noi stessi è cercare di ridurre questa distanza del viaggiatore con Dio. Il sentiero verso Lui è infinito e pieno di sfide. Comunque, per la gente che intraprende questo viaggio, tutto il supporto e la guida sono stati forniti. A questo riguardo, l’Imam Sajjad (A) dice:

«سبحانک ما أضیغ الطرق علي من لم تکن دلیله و ما اوضح الحق عند من هدیته سبیله»

Gloria a Te! Che sentiero stretto è questo per colui che Tu non guidi, e che sentiero chiaro è per colui che hai guidato!” (7).

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Conclusione: In questa parte abbiamo discusso della spiritualità o del processo di edificazione spirituale come un tipo di lotta, medicina e viaggio. Dio ci incoraggia e guida mostrando le suddette analogie. Egli ci mostra che vi è sempre speranza di raggiungerLo, e ci chiama a differenti vie per incoraggiarci ad avvicinarci a Lui. Egli è il Più Misericordioso.

 

Note:

1) Cfr. l’articolo Differenti approcci metodologici alla spiritualità”.

2) Al-Kafi, vol. 5, pag. 12, n. 3, e Al-Amali di al-Saduq, sessione 71, pag. 377, n. 8. Vi è un aggiunta al citato hadith, che possiamo trovare in “Bihar al-Anwar”, vol. 67, p. 62 e recita come segue:

«ثُمَّ قَالَ (ص) أَفضَلُ الجِهَادِ مَن جَاهَدَ نَفسَهُ الَّتِي بَینَ جَنبَیه»

La migliore lotta è combattere contro il proprio io”.

3) Nahj al-Balaghah, sermone 193.

4) Tuaf al-‘Uqul, p. 284.

5) Cfr. Nahj al-Balaghah, sermone 108.

6) Mafatih al-Jinan, Munajat al-Muridin.

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